A proposito del Quadruplicamento

Gennaio 12, 2022 AmbienteMobilità e Trasporti

Errare è umano, persistere è diabolico

A proposito della riproposizione del quadruplicamento delle Fl4-6 prevista dal Piano urbano mobilità sostenibile (Pums)

Aldo Pirone – 11 Gennaio 2022

Eugenio Patanè, assessore del Pd alla mobilità nella giunta Gualtieri, dimostra un accanimento insolito contro il Parco degli Acquedotti e di Tor Fiscale. Ripropone nell’ambito del Pums (Piano urbano mobilità sostenibile) approvato dalla giunta capitolina il 19 novembre scorso, che pure contiene tante cose buone, il quadruplicamento della ferrovia Roma–Cassino-Napoli (Fl6) e Roma-Castelli (Fl4) che attraversa i suddetti parchi e che avrebbe un effetto devastante sulla “Grande bellezza”. La questione è vecchia di almeno dieci anni ed è stata proposta e riproposta in diverse salse, ma sempre rifiutata dalla Comunità Territoriale – che raccoglie la stragrande maggioranza dei comitati di quartiere e alcune associazioni del VII Municipio – e dal Municipio medesimo sia nella sua colorazione politica di centro-sinistra che pentastellata.

Ma allora perché Patanè insiste? Il quadruplicamento, dicono i suoi sostenitori, dovrebbe servire a rendere più scorrevole il traffico dei treni passeggeri e pronubo al potenziamento in questo senso delle due linee ferroviarie con nuove fermate urbane. Scorrevolezza che ora manca per il transito sugli stessi binari anche dei treni merci. Ma per evitare tale inconveniente, tra l’altro pericoloso per gli abitanti di Ciampino e dei quartieri di Roma (Ina-Case, Quadraro, Torpignattara) visti i materiali trasportati dai treni, non sarebbe più utile non sprecare soldi e impiegarli nella realizzazione della Linea ferroviaria di gronda merci, 23 km. da Ponte Galeria a Campoleone (Roma-Pisa e Roma-Napoli via Formia)? Tale infrastruttura, infatti, assicurerebbe il transito merci nord-sud e viceversa, disincagliando l’intero anello ferroviario di Roma che così potrebbe essere totalmente dedicato al potenziamento delle otto linee ferroviarie con le loro decine di fermate e stazioni urbane. Una maglia che penetra la Capitale da tutte le direzioni, oltre, naturalmente, l’anello medesimo una volta chiusi i 4 km. mancanti.

Il “Piano regionale della mobilità”, chiamato un po’ pomposamente “Il Piano dei cittadini” del dicembre 2020, dice a pag. 5 “La realizzazione della Gronda Merci sarà cruciale per il traffico merci dal nord al sud dell’Italia e permetterà di decongestionare l’area romana”.  Patanè, che prima di diventare assessore a Roma è stato Presidente della commissione regionale trasporti, ne dovrebbe essere a conoscenza. Il termine “cruciale” è impegnativo e non certo casuale.

I cittadini del VII Municipio raccolti nelle associazioni ambientaliste e nella Comunità Territoriale, unitamente a Italia Nostra, non stanno facendo da anni una battaglia localistica (iniziò con il Comitato tre NO ai tempi del X, IX e VI Municipio) ma d’interesse generale che riguarda tutta Roma sia sotto il profilo ambientale che di quello culturale, paesaggistico e archeologico. Il tema è come si difende e rilancia un pezzo della “Grande bellezza”. A questo proposito bisognerebbe prendere in considerazione il tombamento della Fl6-4 almeno nel tratto in cui essa trancia di netto il percorso dell’Acquedotto Claudio e costeggia Tor Fiscale. Il tracciato di questa ferrovia risale all’ottocento, allora non esisteva l’abitato urbano, era tutto agro romano malarico e malsano da Porta San Giovanni in poi.

La cultura ambientalista, paesaggistica, archeologica era di là da venire. Il tranciamento del percorso dell’Acquedotto Claudio può essere paragonato, per certi versi, a quello dell’Appia antica quando fu realizzato il GRA. Oggi è arrivata l’ora di porre rimedio a quei guasti. Magari attingendo – così come per la linea di gronda merci – ai molti miliardi stanziati dal Pnrr per le infrastrutture e la mobilità.

Altrimenti le parole ambientalismo, transizione ecologica, valorizzazione dei beni archeologici e paesaggistici ecc., risulteranno ancora una volta, per citare Pavese, “parole stanche e vane come i costumi smessi delle feste di ieri”.