Roma: rigenerazione urbana vs partito del cemento

Aprile 26, 2014 Urbanistica

Intervista  di Milena Farina all’assessore comunale alla Trasformazione urbana Giovanni Caudo: una persona scomoda per i partigiani della città della rendita. Il Giornale dell’architettura online, 25 aprile 2014

ROMA. Continua il braccio di ferro, soprattutto intorno alle destinazioni d’uso, alle nuove volumetrie e alle modalità di realizzazione della centralità Romanina prevista dal PRG, tra l’assessore alla Trasformazione urbana Giovanni Caudo e i cosiddetti poteri forti rappresentati dagli immobiliaristi della capitale (cfr.www.abitarearoma.net). Cogliamo l’occasione per pubblicare la versione integrale dell’intervista comparsa sul numero 117 (primavera 2014) dell’edizione cartacea del nostro Giornale, attualmente in distribuzione, al neoassessore della giunta Marino dopo oltre 8 mesi dal suo varo. L’intervista, insieme ad altri due articoli, intende inoltre fare il punto sullo stato d’avanzamento delle grandi opere incompiute, sulle politiche avviate in tema di mobilità e sulle varie scelte urbanistiche. Architetto e professore associato di Urbanistica presso l’Università di «Roma Tre», Caudo (Fiumefreddo di Sicilia, 1964) si è interessato in particolare alle questioni abitative nella città contemporanea.

Assessore Caudo, la decisione di cambiare nome all’assessorato è stato uno dei primi segnali del nuovo corso dell’amministrazione. Perché il termine urbanistica vi è sembrato inadeguato?
Il nuovo nome deriva dalla constatazione che siamo passati dall’urbanistica dell’espansione tipica del ‘900 a un nuovo ciclo in cui si ritorna alle origini della disciplina, che alla fine dell’800 si occupava del risanamento della città esistente. La scelta ha quindi un duplice significato, culturale e operativo.

Quali sono le azioni più significative in tal senso, dopo la revoca della Delibera della giunta Alemanno sui nuovi ambiti di riserva nell’agro romano?
La delibera, oltre a evitare un’ulteriore urbanizzazione su 2.365 ettari di agro romano (161 nuove aree edificabili), è il primo segnale della volontà di riportare l’azione all’interno delle previsioni del PRG e in particolare in quelle aree individuate come parte della città da riqualificare, pari a 9.500 ettari: abbiamo avviato 5 PRINT che sono tra gli strumenti previsti dal PRG per intervenire in queste aree; poi c’è l’attenzione alla trasformazione delle aree dismesse o dismettibili, come il patrimonio del demanio e in particolare le caserme del Ministero della Difesa.

Il primo intervento di trasformazione urbana annunciato è la Città della Scienza in via Guido Reni, di fronte al MAXXI. Sarà l’occasione per sperimentare una nuova modalità di gestione delle trasformazioni complesse?
La trasformazione dello stabilimento militare materiali elettrici di precisione è l’operazione più importante avviata sul patrimonio demaniale, che interessa un vero e proprio pezzo di città. Qui abbiamo cercato di determinare una linea di azione per gli interventi di rigenerazione articolata in tre strategie: si rende accessibile l’area, attraverso la costruzione di un’armatura di spazio pubblico che permetta di reinserirla nel tessuto urbano, in continuità con la piazza del MAXXI; s’inseriscono funzioni pubbliche, delle quali la Città della Scienza è l’elemento principale; si favorisce la messa a valore dell’area in modo da produrre le risorse necessarie per sostenere l’intervento pubblico (residenze e funzioni commerciali). Abbiamo appena predisposto la variante urbanistica, che fissa i nuovi parametri e le invarianti dell’intervento pubblico; ora sta partendo la fase di consultazione con la formazione di un’assemblea partecipata degli abitanti, dalla quale usciranno gli elementi che saranno posti a base di un Documento di progettazione preliminare; poi organizzeremo un concorso internazionale per il masterplan di tutta l’area, con 5-6 gruppi selezionati su curricula che parteciperanno a una serie di incontri intermedi per la discussione di temi specifici (spazio pubblico, risparmio energetico, tipologie insediative). Per la città della Scienza si organizzerà anche un concorso di progettazione, una volta messo a punto il progetto scientifico che, oltre alla parte espositiva, prevede laboratori di ricerca e aree per l’innovazione scientifica e culturale.

La strategia della trasformazione sembra molto più complessa da gestire rispetto a quella dell’espansione, poiché ci si scontra con interessi consolidati. Quale sarà il ruolo della partecipazione, visto il dissenso che ormai sembra accompagnare ogni proposta di cambiamento?
Il dialogo con la città si è interrotto negli anni passati e insieme è cresciuta la sfiducia nei confronti dell’amministrazione comunale. Per ricostruire questo rapporto è necessario parlare con trasparenza e costruire momenti di partecipazione, a partire da situazioni concrete. Nel caso di via Guido Reni, stiamo avviando la partecipazione sulla base di una variante urbanistica già approvata, nella quale sono state individuate le quantità necessarie a garantire la sostenibilità economica dell’intervento per i soggetti coinvolti: il demanio dello Stato che vende l’area, l’operatore privato che realizza la valorizzazione immobiliare (Cassa Depositi e Prestiti Investimenti SGR), l’Amministrazione che acquisisce metà dell’area (27.000 mq di SUL) per funzioni pubbliche e il contributo straordinario. Sarà aperto un tavolo con le associazioni, il Municipio e un gruppo tecnico dell’assessorato che potrà esprimere indicazioni sulle funzioni pubbliche più adatte e sulla collocazione delle funzioni private.

Il vostro programma s’inserisce nel PRG, quindi viene confermata l’idea di città policentrica? Intendete rilanciare il tema delle centralità, visto che uno dei limiti del piano è la loro scarsa caratterizzazione funzionale nonché debole capacità aggregativa?
La struttura policentrica del piano è stata in gran parte realizzata già negli anni precedenti, anche se non è percepita dalla città: il 70% delle centralità erano già attuate quando è stato approvato il piano e altre sono state realizzate nel frattempo. Ora stiamo lavorando sulle loro connessioni con il sistema di trasporto pubblico: a dicembre abbiamo approvato in giunta la delibera per la realizzazione della stazione ferroviaria a Ponte di Nona, una delle centralità più discusse per l’assenza di collegamenti con la rete su ferro oltre che per la pessima qualità dell’intervento; tra le centralità da realizzare, a Romanina abbiamo previsto il prolungamento di 2 fermate della metro A e a Massimina si realizzerà una nuova stazione sulla linea FR1. Lavoreremo inoltre in variante al piano per collocare nuove concentrazioni di funzioni intorno alle stazioni delle linee ferroviarie già esistenti all’interno del GRA (Ponte Mammolo, Grotta Rossa, Ipogeo degli Ottavi, Anagnina), che potrebbero avere un effetto di riequilibrio del sistema dei flussi spostando i pesi nella zona intermedia tra la città consolidata e l’esterno. Non si rinuncia a un’ulteriore cura del ferro, ma in attesa delle nuove linee Metropolitane portiamo le funzioni dove il ferro c’è già o è sottoutilizzato.

Quale sarà l’impatto delle compensazioni previste dal PRG? È possibile individuare strumenti per disinnescare questo meccanismo che già ha fatto «atterrare» grosse cubature su Roma?
Per buona parte delle compensazioni erano già state individuate 84 aree di «atterraggio», con un meccanismo, quello dell’equivalenza di valore, che ha trasformato i 4 milioni di mc in 6,4 milioni di mc per via della loro collocazione più periferica. L’Assemblea capitolina ha già approvato negli anni scorsi le delibere relative a 61 aree, che sono dunque già operative, mentre noi stiamo lavorando sulle altre 23. Gli anni non sono passati invano, come si vede. Anche se promuovessimo una moratoria urbanistica, questi atti andrebbero comunque avanti. Stiamo lavorando affinché le nuove collocazioni siano coerenti con il piano ma anche con il nostro programma, ovvero rilocalizzando la cubatura in aree già urbanizzate; seguiremo la stessa logica nella localizzazione degli ulteriori 3,5 milioni di mc che restano da compensare, portandoli in aree più centrali in modo da ridurli. Dunque la nostra azione prevede la chiusura delle compensazioni ancora in itinere e, come obiettivo di fine mandato, la cancellazione dell’articolo del piano che le prevede perché è un principio sbagliato e di difficile gestione.

A proposito di strumenti difficili da gestire, che impatto avrà nei prossimi anni l’attuazione del Piano Casa? Cosa può fare l’amministrazione per evitare che tali interventi sconvolgano gli equilibri di tanti quartieri e rendano superflue le previsioni del PRG?
Dal punto di vista dei principi il Piano Casa non è sbagliato. È sbagliata la Legge Regionale che ha esteso le maglie della normativa oltre l’intervento edilizio arrivando alla dimensione urbanistica. In questo modo invece di semplificare si complica, perché gli interventi che hanno un impatto urbanistico devono passare al vaglio dell’Assemblea capitolina, quindi hanno un iter più complesso. Intanto abbiamo concordato con la Regione di modificare la legge, in particolare il comma 3 dell’articolo 3-ter che è il più devastante in termini di pesi insediativi in quanto prevede nelle aree non edificate una premialità del 10% calcolato sull’intera cubatura prevista da un piano attuativo. Nella nuova proposta di legge regionale questa possibilità viene ridotta. Si poteva fare di più, l’accordo Stato Regioni su cui si fonda il cosiddetto Piano Casa, infatti, non prevede l’applicazione a volumi non esistenti. Così di fatto il Piano Casa si applica anche alla nuova edificazione e non solo all’esistente, è l’unica Regione che consente questa fattispecie.

Attraverso quali strumenti l’amministrazione si sta facendo carico della questione abitativa?
Vista la carenza di risorse pubbliche, ci stiamo muovendo su due binari: limitando il nostro intervento alle situazioni di estrema emergenza ovvero trovando una soluzione abitativa per le famiglie – circa 3.000 – che sono in graduatoria per la casa popolare con il massimo di punteggio; proponendo ai costruttori che oggi hanno il problema dell’invenduto di mettere sul mercato alloggi a prezzi convenzionati, in cambio della riduzione degli oneri. Stiamo infine concludendo le procedure del 2° PEEP che prevede 14 nuovi interventi di edilizia agevolata, per circa 3.000 alloggi.

Che idea avete del centro storico? Il progetto di pedonalizzazione del tridente non rischia di trasformare ulteriormente questa parte di città in una sorta di parco turistico, dal quale i romani si sentono esclusi?
Nel tridente stiamo completando la ripavimentazione delle strade: è una predisposizione alla pedonalizzazione che sarà attuata dopo aver individuato un sistema di parcheggi per attutire i disagi ai residenti e lasciare l’auto fuori dal centro storico. Per contrastare la progressiva commercializzazione, abbiamo messo in campo due interventi strategici: la sistemazione intorno al Mausoleo di Augusto, dove si costruirà una nuova piazza laddove ora c’è uno slargo; il piano di recupero di via Crispi con l’ampliamento della Galleria d’arte moderna. Stiamo inoltre individuando gli immobili sottoutilizzati e dismessi per introdurre nuovi usi pubblici, con destinazioni solitamente escluse dal mercato.

Quali sono le difficoltà nel governare dinamiche metropolitane che vanno oltre i confini della stessa provincia con strumenti limitati alla dimensione territoriale comunale? Che caratteristiche dovrebbe avere l’architettura istituzionale di Roma Capitale?
È necessario aprire un dibattito su questo tema. I finanziamenti per Roma Capitale dovrebbero essere stabiliti con una Legge Speciale in relazione a obiettivi legati al suo ruolo, visto che in ogni caso lo Stato si trova periodicamente a ripianarne i debiti. Noi come assessorato la dimensione metropolitana l’abbiamo già assunta: nella macrostruttura abbiamo costituito un’apposita unità operativa che dialoga su un doppio livello, con i Municipi e con i Comuni contermini, anticipando lagovernance che sarà tipica della città metropolitana.

Come si immagina Roma alla fine del mandato?
La città si sta preparando anche con le scelte urbanistiche a due importanti appuntamenti: il 150° anniversario di Roma Capitale nel 2020 e il Giubileo nel 2025. Traguardando l’orizzonte di medio periodo, m’immagino una città più ordinata che si è riappropriata delle regole come strumento per costruirsi il proprio futuro; una città che guarda alla sua dimensione metropolitana in cui le periferie sono luoghi che si riposizionano rispetto a un nuovo concetto di centralità; una città che ha ricostruito un appeal internazionale oggi completamente perso. Una città in cui le scelte urbanistiche devono essere a sostegno dei percorsi di sviluppo sociale ed economico e non essere fine a se stesse.

(di Milena Farina, edizione online, 15 aprile 2014)