Cemento su Cinecittà, per salvare gli studios arriva la petizione

Febbraio 3, 2014 Cultura

Oggi i lavoratori hanno deciso di passare all’appello. L’obiettivo è salvaguardare quello che definiscono un “patrimonio” dell’Italia

La battaglia è iniziata nel 2012, quando fu presentato il progetto di riqualificazione degli studios. Da allora i dipendenti di Cinecittà lottano contro quella che chiamano “cementificazione”, una corsa al mattone portata avanti dal presidente della società Luigi Abete, che significherebbe la morte di un “bene comune”.

Cinecittà occupata

Nei disegni di architetti e ingegneri, denunciano da tempo i lavoratori della struttura sulla Tuscolana, i teatri di posa scompaiono a favore di un albergo e un parcheggio. Con l’obiettivo di passare da un’area che fa e racconta cinema a un’altra dedicata all’intrattenimento. Per salvare 76 anni di storia della cinematografia del nostro Paese, dopo un sciopero di 90 giorni, un’occupazione e diversi cortei due anni fa, oggi i lavoratori hanno deciso di passare all’appello. Lo fanno con una petizione firmata sulla piattaforma on line change.org. Il destinatario è il ministro dei Beni e delle attività culturale Bray.

L’obiettivo è salvaguardare quello che definiscono un “patrimonio” dell’Italia. “I privati – scrivono i promotori – hanno cercato di liquidare tutte le attività di produzione e postproduzione per utilizzare il marchio per altri fini”. I dipendenti degli studios sono convinti che il sogno nel cassetto di Abete sia quello di creare un parco giochi a tema. Così, quella che è stata chiamata ‘la fabbrica dei sogni’ e che il regista Federico Fellini ha eletto a suo domicilio virtuale “rischia di sparire nel cemento”.

Nella lettera-petizione inviata all’esponente del governo di Enrico Letta, ricordano anche le diverse fasi della lotta e tutte le iniziative messe in campo per dire ‘no’ a un progetto che proprio non riescono a digerire. “Perché l’attenzione per il mattone – si legge nel testo – non ha mai elevato un paese, soprattutto se a danno della cultura. Un processo che era iniziato nell’estate di due anni fa con l’esternalizzazione di alcuni figure professionali, come le competenze di Digital factory cedute in affitto alla Deluxe, multinazionale inglese del settore o quelle trasferite nella Cat (Cinecittà allestimenti tematici) di via Pontina, altre ancora dal reparto luci alla Panalight.

La paura era quella di avviare alla morte gli studios e i lavoratori giocarono d’anticipo inscenando un corteo funebre che partì dalla piazza del Municipio (allora il X, oggi VII) per arrivare agli stabilimenti della Tuscolana. Nulla da fare: Abete, numero della I.e.g. (che gestisce la struttura), va avanti col suo piano che prevede la realizzazione di uno spazio flessibile, adatto alle riprese con integrazioni digitali e 3D, ma, soprattutto, un hotel in cui accogliere i membri delle troupe che girano nella struttura. Sotto l’albergo (smentita l’ipotesi di un 5 stelle) dovrebbe essere realizzato, secondo i piani, un parcheggio.

È questo il punto  più contestato del progetto perché, per lavoratori e sindacati, si snatura la mission del sito. Non dello stesso avviso il presidente, che sottolinea come l’idea si avvicini agli standard degli studi cinematografici internazionali. Il secondo step, la creazione di un Distretto del cinema e del multimediale (Dcm), per ospitare società del settore. I dipendenti sentono puzza di bruciato e occupano lo stabilimento. Dopo 90 giorni si torna a una pseudo-normalità. Oggi però si ricomincia a parlare della ristrutturazione, che ai lavoratori non piace. Per questo chiedono al governo, con una petizione, di bloccare tutto. E “salvare un bene comune”.

Santo Iannò (Tratto da Paese Sera del 31/01/2014)